Auguri per un Nuovo anno
Per un anno in cui si protegga la personalità degli individui
Scrivo per augurarci il meglio per l’anno 2022. Tra varianti del COVID, adattamenti delle campagne vaccinali e altre conseguenze di questo “new normal” (che forse non è poi così nuovo, Wired –> qui), viviamo momenti stranianti, nei quali l’epidemia ci ricorda in ogni istante la nostra condizione di umanità, esposta ad agenti naturali che non vediamo, e che ci fanno scoprire fragili; al contempo, la necessità di rispondere a questa condizione di incertezza ci induce a ingegnarci, a cercare nuove strade per continuare a vivere e prosperare, e anche questa è la nostra condizione di umanità, la nostra specificità umana.
In questo contesto così complicato, la protezione dei dati personali può apparire come un fastidioso “di cui”. Ma non è così: la lontananza fisica, lo smart working, l’esplosione dell’e-commerce e dei servizi di delivery e, più recentemente, l’evoluzione degli e-sport, pongono ogni giorno il problema primario dello sfruttamento dei dati personali, per fini leciti e illeciti (circa questi ultimi, rapporto CLUSIT –> qui). Lo sviluppo del remote caring, delle applicazioni di telemedicina, dal teleconsulto alla teledialisi (per farsene un’idea, il sito SIT –> qui), è impossibile senza avere in mente chiari principi di protezione del dato personale.
Il dato personale non è solo informazione: è parte della personalità di un individuo.
Se, come ci insegna Shakespeare, una rosa sotto un altro nome, avrebbe lo stesso profumo, allo stesso tempo, se il nome della rosa ci fosse rubato, noi non sapremmo più indicarla, e non riusciremmo più a indicarla ad altri. Lo stesso vale per i dati che ci appartengono, ci identificano, ci delimitano.
Il mio augurio per il 2022 è quindi questo: che si protegga di più la nostra personalità. E i dati che le danno forma.